Ottavio Di Blasi firma l’allestimento della mostra dedicata ad Angelo Mangiarotti

Una grande retrospettiva che ripercorre oltre 60 anni di attività attraverso un’ampia selezione di opere, progetti, documenti e materiali. Un omaggio di Triennale Milano all’architetto e designer milanese

Il progetto di allestimento dell’esposizione Angelo Mangiarotti. Quando le strutture prendono forma porta la firma di Ottavio Di Blasi & Partners, con la partecipazione di Renzo Piano.

La mostra, in calendario alla Triennale Milano dal 27 gennaio al 23 aprile 2023, è a cura di Fulvio Irace, con Francesca Albani, Franz Graf (sezione architettura), Luca Pietro Nicoletti (sezione scultura), Marco Sammicheli (sezione design), e con il supporto di Giulio Barazzetta, ed è realizzata in collaborazione con la Fondazione Angelo Mangiarotti.

L’allestimento a cura di Ottavio Di Blasi

L’idea dell’allestimento nasce da una conversazione di Ottavio Di Blasi con Renzo Piano (che ha conosciuto Angelo Mangiarotti nel 1968). Il concept si caratterizza per i grandi tavoli pieni di oggetti, di schizzi e di modelli di studio; alcuni volano a poche decine di centimetri da terra ed altri sono sospesi a 3 metri di altezza, focalizzando l’attenzione sulle opere: un’architettura fatta di piani che definiscono le superfici espositive e che dialogano con il grande spazio della Triennale.

L’area della Galleria della Triennale di Milano, che ospita la mostra, si estende su di una superficie di 660 mq circa con altezza pari a circa 6 m, ed è racchiusa all’interno di pareti in legno con struttura autoportante in acciaio. Il recinto in legno permette di trasportare il visitatore all’interno dell’Atelier di Angelo Mangiarotti. 

La mostra comincia dal corridoio, dove un pannello di legno si affaccia sull’atrio per richiamare il visitatore e guidarlo lungo tutto il percorso. Nel corridoio di ingresso è allestita una quadreria con disegni originali in cornici di legno e quattro pannelli con illustrazioni di Domus; sulla destra un grande ritratto di Angelo Mangiarotti e proseguendo più avanti una timeline dove sinteticamente si illustra il percorso che ha avuto l’artista e i personaggi con cui è entrato in contatto e di conseguenza che hanno influenzato e partecipato alla sua Architettura. Tra i personaggi spicca proprio la figura del giovane architetto Renzo Piano. Una volta superato il corridoio, sulla sinistra vi è una sala di proiezione con delle panche bianche e cuscini rossi, dove gli spettatori potranno fermarsi per visionare interviste e dialoghi riguardanti Angelo Mangiarotti. 

L’asse verticale generato dal corridoio incontra un asse orizzontale a sua volta generato dai due tavoli espositivi della mostra e dall’installazione Vistosi. I due tavoli espongono i disegni originali dell’artista e il ripiano in legno permette di elevare e rendere visibili i modelli e i prototipi disposti su di esso. Due strutture orizzontali si dispongono sopra i due tavoli espositivi, sospese a soffitto, per contenere lo spazio in altezza e grazie ad uno specchio riflettono gli oggetti sottostanti, rendendo “l’accumulo” protagonista. Un terzo tavolo con piano in legno semplice, completa l’ambiente. Anch’esso è popolato di oggetti di design.

La composizione dei tavoli segue un concetto molto chiaro: l’accumulo. Disseminati per l’ambiente sono presenti diverse sculture di grandi dimensioni: poltrone, tavoli, sculture in legno con altezza circa 3,4 cm e sculture basculanti in marmo e ferro, evidenziate dalla presenza di una base bianca con dimensioni variabile in funzione alla scultura presente.

Fanno da sfondo all’ambiente quattro gigantografie in bianco e nero che illustrano le opere più significative dell’Architetto e sono relazionate con i disegni e i modelli esposti sui tavoli.

La composizione della mostra gioca molto sulle differenze di scale: sopra i tavoli sono disposti oggetti di piccole dimensioni, prototipi e modelli di architettura; le sculture sparse per lo spazio invece rappresentano la media scala come ad esempio una poltrona o un tavolo; le gigantografie danno un’altra percezione di scala ancora, la GRANDE scala, raffigurando l’Architettura.

L’esibizione attraverso i salti di scala riesce a raccontare l’operare dell’Architetto, il processo di creazione e ideazione e la sua applicazione. Poiché un oggetto poteva avere declinazione sia nel campo del design come nell’architettura. Angelo Mangiarotti supera queste linee. 

Angelo Mangiarotti era un architetto completo, un costruttore che trattava con la stessa attenzione il progetto di un tavolo come quello di un capannone industriale. Nella migliore tradizione dell’industrial design milanese sapeva articolare i giunti tra i materiali e dal loro studio di faceva nascere la forma. Sapeva passare con naturalezza dal disegno di un vaso alla struttura di una stazione miscelando con sapienza la ricerca formale con il rigore strutturale e la conoscenza dei materiali. Spesso il progetto nasceva parlando con gli artigiani che lavoravano i diversi materiali: un’attitudine al fare che è tipicamente milanese. È un modo di intendere il progetto che ci accomuna e che credo abbia ancora molto da dire ai giovani

Ottavio Di Blasi, Architetto e curatore dell’allestimento

Crediti render / viste: Ottavio Di Blasi & Partners

Crediti foto: Melania Dalle Grave, DSL Studio – Triennale Milano

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